Realizzare un farmaco biologico assomiglia molto alla creazione di un grande vino. In fin dei conti, ha argomentato il New York Times, se si visita un impianto come quello della Genentech, ciò che si vede sono grandi serbatoi d'acciaio inossidabile nei quali si moltiplicano cellule viventi. Nel caso del vino sono lieviti che trasformano lo zucchero in alcol, alla Genentech si tratta di batteri o di cellule più complesse ingegnerizzati per produrre specifiche proteine. In pratica, microlaboratori nei quali la produzione del biofarmaco è assicurata dall'inserimento di sequenze di DNA che codificano per la proteina voluta. La similitudine con il vino, però, non si arresta all'aspetto esteriore degli impianti produttivi, ma si estende alla difficoltà di riprodurre sempre lo stesso risultato: come nel vino si hanno differenze tra le annate all'interno dello stesso cru, così accade per i farmaci biologici. Ma mentre le differenze nel vino possono essere, alla fine un arricchimento, le differenze tra un lotto e l'altro di un anticorpo monoclonale possono fare la differenza tra l'efficacia e l'inefficacia per il paziente (o peggio).
Il procedimento infatti è delicato, e va complicandosi. Per i prodotti più semplici, come l'insulina, bastavano i batteri ingegnerizzati, per prodotti più complessi come l'Herceptin di Genentech si parte con linee cellulari di ovaio di criceto, che sono ormai divenute lo standard. Scelta la linea ingengnerizzata per produrre un certo farmaco, si dà inizio alla sua replicazione in serbatoi via via più grandi: si parte da un matraccio da tre litri e si termina con i serbatoi da 12000. In qualsiasi momento del processo di acclimatazione, può accedere qualcosa. ""La linea cellulare semplicemente smette di proliferare, e magari non si riuscirà mai a stabilire perché"" spiega Mark Fischer, specialista di produzione della Genentech. A volte invece si capisce, ma non è semplice: agli inizi della produzione dell'Herceptin nello stabilimento di Vacaville, le linee cellulari non crescevano; alla fine si trovò che a determinare la stasi era una contaminzazione con residui di tungsteno del brodo di coltura, dovuto a perdite dalle guarnizioni dei cuscinetti dei sistemi di rimescolamento. Sre a questo si aggiunge che anche la composizione dello stesso brodo di coltura, coperta da segreto industriale, influenza il processo, è facile capire come i risultati siano tutt'altro che scontati all'avvio della produzione. Nel caso dell'efalizumab (Raptiva, indicato per la psoriasi) quando la Genentech trasferì la produzione dal suo serbatoio da 2000 litri a quello da 12000 di un'azienda partner, si ebbe una modificazione marginale della molecola prodotta, pur trattandosi della medesima linea cellulare. Per quanto marginale, la variazione comportò l'esecuzione di nuovi trial clinici, su richiesta della FDA, che ritardò di un paio di anni la registrazione del farmaco.
Ovviamente l'uscita del New York Times non va ascritta alla divulgazione scientifica tout-court. Alla base della dimostrazione dell'unicità del farmaco biologico c'è la possibilità o meno della produzione di versioni generiche. Mentre nell'Unione Europea si è deciso di considerare le copie dei farmaci biologici come generici a tutti gli effetti, o quasi, negli Stati Uniti si sta ancora valutando la questione. In gioco c'è la necessità o meno di dover ripetere la sperimentazione, cosa che smorzerebbe alquanto, almeno in un primo tempo, il vantaggio in termini economici. Ovviamente i produttori di generici, rappresentati negli Stati Uniti dalla Generic Pharmaceutical Association, rigettano questa possibilità e lo fanno ricordando che oggi si dispone di sistemi analitici molecolari abbastanza sofisticati da permettere la rapida valutazione della conformità all'originatore della proteina ottenuta. In questo modo, la ripetizione dei trial (in pratica una seconda registrazione) potrebbe essere riservata soltanto quando si identificassero delle difformità. Secondo Theresa L. Gerrard, consulente della GPA, è quello che fanno anche le aziende biotech già ora: ""Del resto"" ha dichiarato Gerrard ""Non stiamo chiedendo standard più bassi, ma di adottare gli stessi standard che l'FDA adotta da 15 anni"". Del resto, ci sono dei cabernet della California, dicono gli esperti, indistinguibili da quelli veneti...
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