E' divenuto quasi un luogo comune, soprattutto quando si parla di programmazione edella spesa e dell'organizzazione sanitari, dire che ormai esistono tanti servizi sanitari quante sono le regioni. Non pare però che sia esattamente così, malgrado la riforma del titolo V della Costiutuzione abbia svolto da tempo i suoi effetti. Lo conferma il I rapportosulla finanza pubblica redatto dall''ISAE (l'Istituto di studi e analisi economica legato al ministero del Tesoro). ''A partire dall'Accordo Stato-Regioni del 2001, attraverso le varie leggi Finanziarie e tramite l'Intesa del 23 marzo del 2005, l'Accordo di Santa Trada del 21 luglio del 2005 per finire con il recente Patto della salute, si è assistito ad un progressivo aumento degli interventi del Governo centrale per il controllo della spesa sanitaria"". Fra questi ""il proliferare degli adempimenti richiesti alle Regioni per accedere ai finanziamenti integrativi, con l'imposizione di scelte gestionali e modalità operative, talvolta limitate a particolari tipologie di spesa, come nel caso della farmaceutica, con l'attribuzione di maggiori responsabilità e incombenze alle Aziende Sanitarie, e con nuovi obblighi di comunicazione nei confronti degli organi di controllo esterni, nonché l'istituzione del Tavolo di verifica degli adempimenti'', spiega l'ISAE. ""L'affiancamento delle Regioni in disavanzo ha poi sostanzialmente delineato una sorta di 'tutoraggio' del Governo centrale sulle Regioni in deficit, a cui è stato aggiunto quello delle Regioni più efficienti sulle meno efficienti"" si legge nel Rapporto.

Questo processo di progressivo incremento del ruolo del Governo centrale e di limitazione dell'autonomia regionale, se da un lato non sembra coerente con il processo di decentramento avviato con la riforma federalista, dall'altro è una conseguenza, pressoché inevitabile, delle limitate capacità amministrative e gestionali di molte Regioni. Poiché il miglioramento di tali capacità e dei sistemi informativi sanitari rappresenta una condizione necessaria all'avanzamento della riforma federalista in sanità, l'approccio individuato negli ultimi anni sembra coerente con le situazioni reali del paese'', rileva l'ISAE. ''Nonostante l'inasprimento della normativa e una maggiore responsabilizzazione finanziaria delle Regioni, persistono tuttavia i disavanzi, che rimangono peraltro principalmente concentrati nelle solite Regioni, con situazioni particolarmente gravi nel Lazio, in Campania e in Sicilia (che negli ultimi anni sono risultate responsabili di circa i due terzi del disavanzo complessivo)"", continua l'ISAE. ""L'incremento della spesa - cresciuta in media del 6,7% annuo nel periodo 2001-2005 - è dovuto soprattutto ad alcune funzioni come i beni e i servizi (+60,9% nello stesso lasso temporale), il personale (+18,1%), l'altra assistenza convenzionata e accreditata (+47,7%) e, limitatamente ad alcune Regioni, la farmaceutica convenzionata. Eppure sembra che sia quest'ultima a pagare le conseguenze più pesanti della necessità di rientrare economicamente, con la possibilità di alterare ulteriormente il quadro della rimborsabilità.


Le prime spese sono cresciute anche a causa del crescente ricorso alle esternalizzazioni dei servizi, della diffusione in molte Regioni della distribuzione diretta di alcune tipologie di farmaci, di inefficienze nei processi di acquisto -aggiunge l'ISAE -. Le seconde hanno mostrato differenze regionali molto significative e un andamento altalenante dovuto, in parte, allo slittamento dei rinnovi contrattuali. Quanto all'assistenza convenzionata e accreditata, gli aumenti appaiono in risposta alla domanda crescente di prestazioni per le persone non autosufficienti e per gli anziani, per cui sono stati forniti maggiori interventi di integrazione socio-sanitaria, che hanno spostato risorse dall'assistenza ospedaliera a quella territoriale'', spiega l'ISAE. ''La firma dei piani di rientro dal disavanzo da parte di tutte le Regioni sottoposte a procedura di diffida ad eccezione della Sicilia, evidenzia da un lato la volontà del Governo di sostenere le Regioni maggiormente in difficoltà sia finanziariamente sia dal punto di vista tecnico amministrativo, dall'altro una maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni regionali (che in molti casi hanno cambiato recentemente maggioranza politica)''. ''Questa strategia, probabilmente indispensabile, sta tuttavia aumentando la conflittualità interregionale, creando malumore nelle Regioni più virtuose che vedono premiati comportamenti inefficienti. A tale proposito, in primo luogo, si deve sottolineare che i piani di rientro contengono misure di rigore che rappresentano indubbiamente un elevato costo per le Regioni che li hanno adottati, oltre a un limite della loro autonomia'', continua l'ISAE. ''In secondo luogo, si deve osservare che la riforma federalista della sanità ha in qualche modo anticipato gli sforzi per attrezzare le Regioni a gestire le complesse situazioni manifestatesi e ciò, combinato con un livello di risorse attribuite alla sanità complessivamente limitato (come evidenzia anche il confronto internazionale), potrebbe aumentare i rischi di attuazione della riforma stessa'', conclude l'ISAE.

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