La preparazione di versioni generiche dei farmaci biologici resta un capitolo a parte nel settore dei farmaci equivalenti. Tanto peculiare che negli Stati Uniti è probabile venga approvata una legge che rende obbligatoria l'esecuzione di trial clinic per ottenere l'autorizzazione all'immissione in commercio dei biosimili, come ormai vengono chiamati quasi universalmente. La legge che è stata proposta al Senato, oltre a stabilire che sia la FDA ad approvare I biosimili, affida all'agenzia la valutazione di quali e quanti studi far condurre per stabilire sicurezza ed efficacia del farmaco. E sul fatto che superi il dibattito nessuno discute, piuttosto ci si almanacca sulla natura degli studi che verranno richiesti a supporto della richiesta di registrazione.

D'altra parte non è nemmeno possibile stabilire una volta per tutte a quale livello di approfondimento fermare i test. Infatti, ha fatto notare, per esempio, Janice Reichert, ricercatrice del Tufts Center for the Study of Drug Development, alcuni biologici, come insulina e ormone della crescita, sono relativamente semplici da riprodurre, altri invece richiedono processi, e plausibilmente una valutazione e un controllo, più fini. Tra l'altro, la FDA unica al mondo, considera l'insulina un farmaco tout court, in quanto approvata per un'indicazione e non come prodotto in sé.
Insomma, si apre una stagione di incertezza. Anche perché, a fronte di tante discussioni sul piano scientifico e regolatorio, resta l'incognita commerciale. Secondo molti osservatori, sono ben pochi I farmaci biologici che hanno un mercato tale da poter far divampare la concorrenza, senza contare che è il numero stesso delle molecole in procinto di perdere la copertura a essere molto ristretto. Oltre ai due già citati, ci sono l'epoetina, l'interferon alfa e beta e poco altro. Un paniere troppo piccolo, almeno per il mercato americano. Ma anche per il cittadino consumatore. Infatti, secondo gli analisti, il primo generico che giunge sul mercato di solito ha un prezzo pari all'80-90% dell'originatore, quindi offre un risparmio contenuto sia per il terzo pagante sia per il paziente. E' solo quando le versioni generiche sono 3 o 4 che il prezzo comincia a scendere a livelli, per così dire, europei. 

C'è però chi vuole vedere almeno un bicchiere mezzo pieno, quello delle CRO. Si è infatti argomentato che la richiesta di studi clinici potrebbe dare un impulso all'attività delle CRO, visto che i produttori di generici, e in misura analoga quelli di biosimili, non hanno probabilmente né le competenze né le strutture per sopperire soddisfare queste richieste., Ma anche qui non è detto: sempre secondo Reichert, è molto probabile che, essendo già note le proprietà biologiche della sostanza da testare, tutto si risolva con un breve studio di fase I, almeno nella maggioranza dei casi. Quindi questo nuovo business finirebbe per essere appannaggio di quelle CRO che si sono specializzate nella Fase I e, in ogni caso, si tratterebbe di una quota molto piccola rispetto all'usuale giro d'affari.

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