Tra il 2002 e 2005, il 39% dei lanci di nuovi prodotti era costituito da nuove formulazioni di molecole già in commercio, e questo limitandosi alle prime 50 case farmaceutiche. Difficile sostenere che non si tratti di una tendenza forte, e anche le motivazioni sono facilmente rintracciabili: pipeline sempre meno pingui e la necessità di estendere la copertura brevettuale, così da massimizzare il ritorno sull'investimento iniziale, prima che giunga il generico a spostare la competizione sul prezzo. 

Le aree terapeutiche più interessate dal fenomeno sono il sistema nervoso centrale e i disturbi metabolici. Un recente rapporto Datamonitor scende nel dettaglio: antipsicotici, antidepressivi e analgesici hanno conosciuto un restyling, per rubare un termine all'industria dell'auto, e persino il metilfenidato ha conosciuto una versione a rilascio prolungato.Nell'area gastrenteologia e metabolica sono gli antiacidi e l'insulina i più frequentemente rivisitati. Ma non mancano esempi anche per quanto riguarda anti-infettivi, ormoni sessuali, farmaci per l'apparato genito-urinario. In questi casi le nuove forme farmaceutiche utilizzate andavano dalle comprese solubili oppure masticabili, sospensioni orali, siringhe preriempite sistemi per il rilascio transdermico, gel e creme. Più sostanziali, invece, i molti tentativi fatti di passare dalla formulazione iniettiva di un farmaco a quella orale o, comunque, a una modalità meno invasiva di somministrazione.
Secondo Datamonitor queste scelte sono state condotte semplicemente guardando alla consistenza dell'utenza potenziale, ma questa è solo una parte della questione.
L'altra, e preponderante, è riuscire davvero a mettere a punto un prodotto migliore della versione ""normale"". Quindi, nel caso per esempio del passaggio al rilascio prolungato, dimostrare che questo apporti davvero un vantaggio clinico per il paziente. Le autorità sanitarie, o comunque il terzo pagante, stanno diventando sempre più occhiute nel concedere rimborsi e nel determinare prezzi e anche innovazioni radicali, come nel caso dell'insulina inalatoria, incontrano ostacoli imprevisti. In questo caso è stata Pfizer, giunta per prima alla commercializzazione del prodotto, a scontrarsi con lo scarso entusiasmo del National Institute for Clinical Excellence, che ha molto limitato i casi in cui il nuovo farmaco può essere prescritto a carico del servizio sanitario.
C'è anche stato un caso, in tempi recenti, in cui la riformulazione è stata imposta addirittura da ragioni di lotta al crimine. E' il caso, negli Stati Uniti, dei decongestionanti da banco contenenti pseudoefedrina. I chimici delle gang di strada, e non solo loro, avevano infatti trovato in questi medicinali una comoda fonte di materia prima per la sintesi di metamfetamina, chiamata in gergo ""crystal meth"". Ne era sortita una legge, la  Combat Methamphetamine Epidemic Act, che di fatto limitava notevolmente la vendita di questi prodotti, rendendo obbligatorio tenerli dietro il bancone e non a disposizione del cliente. La prima reazione di alcune case produttrici, come Pfizer e Johnson & Johnson fu la sostituzione della pseudoefedrina con la fenilefrina almeno in alcuni brand. Una soluzione che peraltro ha sollevato un vespaio, visto che il nuovo principio attivo non ha la stessa efficacia, con tanto di interventi di esponenti del Congresso e polemiche con l'FDA.

Come che sia, la tendenza al restyling del farmaco c'è, e ha avuto come conseguenza anche l'aumento del fatturato (38%) delle compagnie specializzate in questo segmento. Un boom che dovrebbe continuare, visto che per questo genere di attività si tende a privilegiare l'outsourcing. Potrebbe addirittura crearsi una carenza di offerta, visto che sono relativamente poche le aziende capaci di offrire tutta la gamma dei servizi necessari, dall'elaborazione dei modelli matematici alla sperimentazione e alla produzion

 

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