Se non si può migliorare la molecola, si può migliorare la via di somministrazione. E così, visto che è arduo migliorare ulteriormente l’insulina, già molto migliorata di suo, il passo successivo è stato l’arrivo dell’ormone in formulazione inalatoria. A tagliare il traguardo per prima è stata la Pfizer, con Exubera, ma non è la sola casa che si sia dedicata a questo progetto. Entro il 2010, infatti, si stima che verranno messi in commercio il farmacoi di NovoNordisk/Aradigm, AERx-iDMS, quello di Eli Lilly/Alkermes, AIR system, e quello di MannKind, Technosphere.

Affollamento giustificato, secondo le prime proiezioni, visto che Pfizer prevedeva per il suo prodotto, disponibile da luglio negli Stati Uniti e oggi anche in Germania,  Gran Bretagna e Irlanda, vendite per 1,3 miliardi di euro l’anno. Però, secondo gli analisti di mercato di Datamonitor, queste previsioni potrebbero essere errate per eccesso, e stimano che per l’anno 2015 dovrebbero stabilizzarsi attorno a 200-300 milioni di dollari, così come per gli altri tre competitori. A questa revisione al ribasso inducono, secondo Daniel Poso, autore dell’analisi, diversi aspetti.
Innanziturro ci sarebbe stata una sopravvalutazione della domanda del prodotto: è vero che l’insulina inalatoria elimina l’iniezione e tutti gli aspetti traumatici che porta con sé, ma restano inalterati gli altri inconvenienti della terapia, cioè l’aumento di peso, il rischio di indurre ipoglicemia e la necessità di somministrazioni legate ai pasti. Insomma, è il senso del rilievo, la terapia insulinica resta quel che è, e non è soltanto l’avversione agli aghi che fa sì che molti pazienti con diabete tipo 2 ritardino lo switch. L’argomentazione ha ovviamente un fondamento, ma il rapporto svaluta eccessivamente il valore della scomparsa dell’ago: se gli antipertensivi fossero iniettivi c’è da dubitare che l’adesione alla terapia sarebbe quella attuale.

Il secondo aspetto, forse il più importante, è la rimborsabilità del farmaco. Il NICE britannico si è detto contrario all’erogazione a carico del Servizio sanitario, con qualche eccezione, come i pazienti affetti da agofobia, condizione psichiatrica riconosciuta, e degli emofilici. Lo stesso hanno fatto in Germania. In effetti, soprattutto in Europa, è arduo diventare un blockbuster senza “la classe A”. Terzo aspetto chiamato in causa è l’arrivo di farmaci diversi dall’insulina e, in linea di principio, scevri degli effetti collaterali di quest’ultima. Il rapporto cita due inibitori della dipeptidil peptidasi 4 (DPP-4), che dovrebbero essere lanciati l’anno prossimo, e due agonoisti del Glucagon-like peptide 1 (GLP), iniettivi come l’insulina, il cui arrivo è previsto per il 2010 (che a questo punto sembra essere l’anno fatidico per il diabete tipo2). Il rapporto, qui, sembra essere piuttosto partigiano, perché mentre degli inibitori della DDP-4  presenta soltanto i vantaggi, come l’ininfluenza sul peso corporeo e la grande tollerabilità, e dell’agonista del GLP-1 la grande efficacia nell’adiuvare l’azione degli ipoglicemizzanti orali, per l’insulina inalatoria mette al contrario in campo potenziali effetti negativi quali l’ipertensione polmonare, dovuta all’azione dell’ormone sui vasi, e un eventuale effetto cancerogeno. In realtà tutti questi aspetti sono da accettare o respingere sulla base degli studi attuali, quindi se è una minaccia la possibilità di eventi indesiderati per l’insulina inalatoria, per ora non provati dagli studi, non si vede perché si debbano dare per scontati gli aspetti positivi degli altri farmaci.
Le aziende interessate, a cominciare dalla Pfizer, non hanno replicato, anche se la rivista In-Pharmatechnologist riporta la dichiarazione di un funzionario della casa americana che, invero correttamente, sottolinea l’importanza di Exubera per chi dell’insulina non può fare a meno. E’ un segmento troppo piccolo? Può darsi, ma non è una scoperta di ieri il fatto che ormai di farmaci buoni per tutti indistintamente ce ne sono, e ce ne saranno, sempre meno.

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