E’ quello che si potrebbe definire un evento atteso, ma certo non va sottovalutato il fatto che l’FDA stia effettivamente stringendo i freni sull’approvazione di nuovi farmaci. Anche quando si tratta di nuove entità chimiche (new molecular entities o NME) e farmaci biologici (ai quali negli Stati Uniti ci si riferisce come biologic license applications BLA). Dopo la vicenda  Vioxx si era molto parlato di questo possibile nuovo corso difensivo dell’ente regolatoprio, ma ora a provarlo c’è un rapporto: The US Approval Trends and Yearbook 2006-2007. Redatto da Mark Mathieu, il rapporto mostra che le registrazioni di prodotti appartenenti a questo gruppo sono scese dal 38% del totale registrato nel 2003 all’8% raggiunto nel 2005.


Però la situazione è meno netta di quanto faccia supporre questo dato da solo, ed è il caso di considerare anche altri aspetti.  Il primo è anch’esso abbastanza negativo: il Centre for Drug Evaluation and Research (CDER) cui spetta la valutazione delle richieste di registrazione e il monitoraggio post marketing, ha inviato una lettera di rifiuto al 30% delle richieste di registrazione standard per NME e BLA, con un aumento più che rilevante rispetto al 5% registrato nel 2003. D’altra parte, lo stesso CDER ha dato il nulla osta al 70% delle richieste di registrazione con iter abbreviato per questo tipo di principi attivi; il dato più alto degli ultimi tre anni. Insomma, sembra che, alla fine, la stretta riguardi più i farmaci tradizionali e quelli che, in un modo o nell’altro, paiono più vicini al concetto di me-too drug che non alle innovazioni vere e proprie. Dello stesso avviso è anche l’autore del rapporto: “Le richieste di registrazione delle entità standard è il primo settore in cui il regolatore comincia a essere più restrittivo; le richieste con procedura prioritaria rappresentano il vero progresso e quindi è poco plausibile che l’FDA voglia esercitare qui una maggiore severità”.


Ma il rispetto per l’innovazione potrebbe non bastare a spiegare questa scelta. Come messo in luce da un altro rapporto, questa volta dell’Institute of Medicine, l’FDA ha effettivamente incontrato, nell’ultimo periodo, alcune gravi difficoltà a mantenere gli standard di sicurezza per il cittadino cui era abituato il sistema statunitense,. La questione, come sempre, è economica: all’FDA occorrerebbero più, fondi, strutture e personale qualificato. Stante una scarsità di risorse, si è preferito evidentemente concentrarle sulle procedure relative a farmaci che inevitabilmente suscitano una maggiore attesa nei medici e nel pubblico. D’altra parte, sempre secondo l’Institute of medicine, nemmeno dal punto di vista normativo l’FDA può contare su un quadro chiaro dei propri limiti e delle proprie possibilità di intervento, soprattutto nella fase post-marketing.
Gli esperti hanno anche avanzato alcune proposte per migliore le performance dell’FDA, ma ancora non si è agito concretamente. Intanto, non s’è modo di prevedere se e come evolverà questa strategia conservativa. Se si dovesse guardare ai precedenti storici, le fasi in cui le registrazioni calano hanno una durata di circa un anno, poi riprendono a salire. E agli osservatori statunitensi questa sembra già una prospettiva rosea.

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