Può sembrare strano, in tempi di fusioni, acquisizioni e scalate varie, ma a breve termine l’industria farmaceutica britannica potrebbe soffrire di una certa carenza di personale o almeno di nuovo personale. E’ quanto emergerebbe da un’indagine condotta dal Blue Pelican Group, una delle principali agenzie di ricerca del personale del settore. In definitiva, ci si avvia verso un periodo di mercato governato dall’offerta, nel senso che i non molti candidati appetibili tendono a far innalzare gli stipendi. A quanto pare, i neolaureati più brillanti tendono a rivolgersi ad altri settori. I motivi sono parecchi: per cominciare c’è una certa sottovalutazione del training che l’azienda dovrebbe poter offrire al neo-assunto; le carenze del mondo farmaceutico per questo aspetto fanno sì che il candidato si senta meno sicuro nell’affrontare l’inizio della carriera. Un altro aspetto, affine a questo, è lo scarso rapporto con le università. In ambito anglosassone è pratica corrente che le aziende vengano a presentarsi negli atenei, illustrando sia le figure professionali di cui hanno bisogno, sia le possibilità di affermazione che offrono, ma questa attività vede le case farmaceutiche poco presenti.

C’è anche un’altro punto di sofferenza da tenere presente: le modalità di reclutamento. Da tempo è noto che la valutazione più efficace dei candidati è quella condotta dai manager on-line, che conoscono sia le abilità necessarie sia il contesto in cui queste debbono essere espresse. Tuttavia, sempre secondo il rapporto citato, raramente questa è la procedura attuata; più spesso è al reparto risorse umane che spetta la selezione e, si suggersisce, con esiti non positivi per molte ragioni, non ultima il carico di lavoro di queste funzioni aziendali. Tuttavia la ragione principale dell’inefficienza di questo sistema risiede nel fatto che raramente il personale addetto alle risorse umane ha una formazione scientifica (al massimo il 50% circa), quindi non è in grado di valutare fino in fondo le credenziali di chi ha di fronte, né di motivare adeguatamente un eventuale rifiuto.

Trattandosi di un’indagine britannica l’altra campana interpellata al riguardo dal periodico specializzato In-Phramatechnologist è quella di AstraZeneca: “Per la verità non è corretto attribuire alle case farmaceutiche, a tutte quantomeno, la responsabilità di questa scarsità di candidature, peraltro reale” ha detto Jez Chance, portavoce della divisione risorse umane dell’azienda anglo-svedese. “Nel nostro caso, per esempio, al reclutamento provvede un team misto, in parte proveniente dalle risorse umane e in parte costituito da “cacciatori di teste” specializzati, ma tutti con una formazione scientifica. Inoltre, il team prima di procedere alla selezione vera e propria, provvede ad affiancare i manager on-line proprio per potersi fare un quadro preciso delle competenze di cui hanno bisogno”. E poi, si fa presente, è inutile nascondersi che è venuta l’era del manager globale, e non è quindi eresia cercare di strappare competenze ad altri settori. Purché il manager globale non sia, alla fine, un manager generico.

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