Il decreto Bersani continua a occupare buona parte delle cronache sanitarie. Risale a sabato scorso, del resto, l’incontro tra il Governo e le rappresentanze della Federazione degli Ordini dei farmacisti, dei titolari di farmacia (Federfarma) e dell’Assofarm, che rappresenta i farmacisti delle farmacie comunali. Incontro che non ha riservato sorprese per quanto riguarda l’impianto generale del provvedimento, ma ha comunque consentito uno sblocco su alcuni aspetti rilevanti. Tra le richieste avanzate, la revisione delle norme che consentirebbero l'apertura del mercato della distribuzione del farmaco al capitale e la possibilità di creare catene. ""Il rischio è che interessi economici forti, e capitali magari non sempre trasparenti, cannibalizzino il settore"" ha sostenuto Andrea Mandelli, vicepresidente della Federazione degli Ordinii ""piegandolo a logiche mercantili e commerciali e riducendo ai minimi termini la componente professionale che, invece, costituisce una garanzia di servizio e di salute per i cittadini"". I rappresentanti della federazione professionale hanno anche sottolineato la necessità di riformulare la norma sull'ereditarietà delle farmacie, e in particolare la durata del periodo che permette agli eredi di alienare la farmacia, drasticamente ridotto a un solo anno, chiedendo che la finestra di tempo venga portata almeno a tre anni. I tecnici governativi hanno manifestato la disponibilità a esaminare con attenzione queste due questioni, riconoscendo la fondatezza dei rilievi della federazione ordinistica.

Più sfumata, invece, l’apertura sul terzo aspetto sollevato dai farmacisti, vale a dire la preparazione di una lista di farmaci OTC “a più elevato profilo di sicurezza”, che potrebbero essere venduti anche senza l’assistenza di un farmacista, e altri che invece dovrebbero restare nella farmacia. ""Questa, del resto, è stata la responsabile scelta dei Paesi europei che consentono la vendita di farmaci senza ricetta anche in altri esercizi"" ha spiegato Andrea Mandelli.
Questa ipotesi, però, non è gradita ai produttori di medicinali da banco. ''E' importante che tutti i farmaci senza obbligo di ricetta possano essere venduti anche nel nuovo canale distributivo” ha dichiarato Angelo Zanibelli, presidente dell’Anifa “ tanto più che il modello ipotizzato in Italia, unico nel suo genere, prevede la presenza di un farmacista a garanzia di assistenza e consiglio professionale adeguati, al fine di evitare ogni possibile forma di abuso e di favorire un uso del farmaco responsabile e corretto''.
Secondo Zanibelli, è importante che tutti i farmaci senza ricetta giungano nella grande distribuzione ''nell'ottica di fornire concrete opportunità al cittadino, in termini di offerta terapeutica per i piccoli disturbi e possibilità di risparmio, secondo quanto impostato dal provvedimento Bersani''. '

'D'altra parte” ha proseguito Zanibelli “non avrebbe alcun senso prevedere liste separate di farmaci senza obbligo di ricetta per i quali verrebbe consentita la vendita anche fuori dalla farmaci: dal momento che si tratta di medicinali che presentano caratteristiche di sicurezza ed efficacia attestate dall'Autorità e un uso consolidato nel tempo, che li rendono tutti idonei all'utilizzo autonomo del cittadino senza bisogno di ricetta medica''. Quindi, limitare ai nuovi canali distributivi solo alcuni farmaci senza ricetta non solo sarebbe ''una artificiosa differenziazione, ma paradossalmente lascerebbe a intendere che attualmente sono in commercio farmaci senza ricetta non del tutto idonei per l'uso autonomo, e questa sarebbe una cosa grave e palesemente errata''.
Va notato che questa è la prima occasione, dall’inizio della querelle,  in cui l’Anifa prende una posizione manifestamente discordante da quella dei farmacisti.

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