La compliance, o adesione alla terapia, è uno dei punti cardine della sanità e delle medicina. Molto più di quanto non lo fosse 60 anni fa, visto che questo fattore è cruciale soprattutto nelle malattie croniche. Elemento cruciale per il medico, ma anche per l’industria. Infatti, il costo economico della scarsa compliance è stimato in poco meno di 25 miliardi di euro l’anno in Europa, e in 30 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Senza contare che l’applicazione incoerente delle terapie causa, globalmente, 340 morti al giorno.

Un’indagine statunitense, condotta da Harris Intercative su un campione di oltre 2500 adulti, ha rivelato che tra i destinatari di prescrizione a lungo termine, quelli che dichiarano di trascurare spesso o molto spesso l’assunzione dei farmaci sono il 33%. Un’altra indagine ha poi mostrato che delle 440000 prescrizioni compilate quotidianamente, un quinto non arriva neppure in farmacia (un dato del 2002) mentre nel 2001, in Gran Bretagna, le prescrizioni non usate ritornate alle farmacie avevano un valore pari a 230 milioni di sterline. Addirittura, secondo un’altra indagine, il 65% dei pazienti cronici non aderisce più alle prescrizioni del medico dopo i primi sei mesi di trattamento. Dati allarmanti, ma che combaciano con quanto si sa da molto tempo, per esempio, sull’ipertensione grazie anche a esperienze italiane come lo studio MONICA. Visto che l’industria spende per acquisire nuove prescrizioni una cifra sei volte superiore a quella destinata a mantenere quelle già ottenute, sembra essere giunto il momento di riequilibrare la bilancia. Infatti, da una parte va tenuto presente che l’era dei blockbuster sembra volgere al termine, e diviene sempre più difficile vantare come asset del proprio farmaco caratteristiche che in realtà sono specifiche della classe, o continuare battaglie commerciali sulla base di “studi di non inferiorità”, che sempre più spesso suscitano anche irritazione negli stessi prescrittori. Un atteggiamento che potrebbe esser3e alla base anche della sempre maggiore resistenza del medico a prescrivere le ultime novità, o meglio a prescriverle solo perché tali.

Certamente centrare la propria attività di marketing sulla compliance non è semplicissimo. Senz’altro possono contribuire una maggiore attenzione al packaging, piuttosto che associazioni tale da rendere meno invasiva la poliprescrizione, anche se la polypill per le malattie cardiovascolari non pare aver raggiunto una significativa penetrazione sul mercato. L’altro aspetto, invece, è cercare di affiancare il medico nella crescita culturale del paziente. Questo compito, peraltro, potrebbe risultare più semplice che in passato, per almeno due ragioni. La prima è che la popolazione anziana tende a essere più istruita e più consapevole; la seconda è che in questo modo si allarga l’area della società che, per usare la terminologia dell’indagine Sinottica di GFK Eurisko, è più incline a considerare la salute come un progetto, piuttosto che come un problema da risolvere. In questo progetto può ben essere fatta rientrare anche l’adesione alla terapia, come mezzo per ridurre sia il primo incidente, sia il secondo. Un’opera che passa attraverso il sostegno del medico, attraverso una più puntuale e capillare informazione sugli effetti a lungo termine del farmaco che ha prescritto, ma anche attraverso l’informazione del paziente sul valore del trattamento, quale che sia, nel controllo delle patologie croniche.

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