Per quanto i comitati etici per la ricerca abbiano svolto una supervisione degli studi clinici realizzati negli ultimi venti anni, gli interrogativi sulla loro struttura, sul loro ruolo e sui loro obiettivi sono tuttora oggetto di dibattito ma non di consensus.
 
Un workshop sull’argomento, centrato su una prospettiva europea, ha rivelato l’esistenza di differenze tra nazione e nazione su molti aspetti, dalla garanzia di indipendenza alla competenza dei membri, dal meccanismo per ottenere i fondi ai livelli di trasparenza. In quanto responsabili della dignità dei soggetti della ricerca, i comitati devono mantenere la loro autonomia rispetto agli sponsor, ai ricercatori, agli istituti, alle autorità regolatorie e anche rispetto agli stessi comitati etici centrali (regionali e locali). Tale indipendenza dipende dal metodo di nomina, dalla qualificazione e dalla formazione dei membri. Alcuni considerano l’approccio volontario come una garanzia, altri propendono per una maggior professionalità, come metodo selettivo. Ma l’indipendenza potrebbe anche essere compromessa dalle strette relazioni tra i comitati locali e i ricercatori e gli sponsor locali; gli stessi comitati istituzionali sono molto vicini ai ricercatori e l’indipendenza deve essere garantita dalla supervisione. Per contrasto, i comitati regionali godono di un distacco più forte dagli autori ma possono essere influenzati dall’autorità che li ha nominati.
Sebbene alcuni considerino la composizione dei comitati non sufficientemente stabilita dalla direttiva degli studi clinici europei, sta emergendo un certo consenso in questa direzione. L’ampia partecipazione ai comitati etici di ricerca comporta da una parte il vantaggio di sostenere l’indipendenza dall’altra la possibilità di una rosa di esperti per affrontare domande sempre più sofisticate.
 
Il dibattito prosegue anche sulle modalità di finanziamento dei comitati etici di ricerca, sulla sua adeguatezza e da dove ottenere le risorse. E’ stato suggerito che il pagamento dei comitati raggiungesse i 2500 euro per ogni trial supervisionato. In molti però hanno visto un rischio per l’imparzialità se ci fossero pagamenti diretti dal cliente ai comitati. Sarebbe significativo che il pagamento venisse da parte dello stato dal momento che è proprio lo stato a richiedere il servizio. Inoltre, la supervisione dei trial clinici non solo richiede una valutazione generale, ha  sempre avuto bisogno di cambiamenti in tempi rapidi spesso difficili da ottenere. I comitati hanno bisogno di un supporto amministrativo per poter andare incontro alle loro nuove mansioni. E anche laddove i nuovi sistemi erano stati predisposti dallo stato, c’erano spesso seri problemi nell’ottenere risorse sufficienti a rendere funzionale il sistema. E’ stato suggerito che lo stato – e anche gli stessi ricercatori – potrebbero vedersi delegare più responsabilità di quanto dovrebbero avere sulle loro spalle. Un rischio che potrebbe essere un forte disincentivo al reclutamento dei comitati etici.
 
Facilitare la comunicazione tra i comitati è un modo per abbattere l’opacità e mancanza di mutua confidenza verso un sistema tipo “peer review”. Il coinvolgimento di esperti esterni al comitato è spesso necessario, ma con rischi potenziali associati alla confidenzialità e sicurezza dei dati. Le divergenze di opinioni potrebbero creare confusione tra ricercatori e sponsor, aumentando il rischio di azioni legali contro i comitati o le autorità nazionali. Il dialogo va reso migliore anche verso le industrie farmaceutiche con una certa cautela in particolare rispetto a regali, gratificazioni o altre forme di finanziamento. Dal momento che la maggior parte degli studi sono commercialmente sponsorizzati, l’interesse finanziario è spesso legato all’influenza che si può esercitare sul progetto e sulla pianificazione dello studio. Bisognerà migliorare anche la comunicazione con i ricercatori sfruttando anche le potenzialità di Internet.
 
Ci si interroga, infine, anche sull’obiettivo della supervisione etica. Per esempio se deve coprire solo trials di intervento con farmaci, tutti i trials con farmaci o anche gli altri? E con quali costi? E’ anche vero che gli studi clinici con farmaci non sono più gli unici ad avere il monopolio della discussione sull’etica: anche gli ingegneri, al giorno d’oggi conducono verifiche etiche sui nuovi progetti.

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