I risultati del primo osservatorio sull'automedicazione, realizzato dall'Association française de l'industrie pharmaceutique pour une automédication responsable (Afipa), mettono in evidenza il ritardo nei volumi di vendita della Francia, che si assesta al 15,9%, rispetto ai vicini paesi europei a quota 23,3%. Il presidente Afipa Pascal Brossard auspica una maggior politica di delisting per colmare la distanza, visto che il settore automedicazione, in questi momenti di crisi, potrebbe sostenere il fatturato delle farmacie.
Tra i fattori che indeboliscono il giro d'affari ci sarebbero alcune particolarità nazionali come «la presenza, per una stessa molecola, di confezioni a prescrizione obbligatoria e facoltativa» e i prezzi piuttosto bassi, intorno ai 4,50 Euro a confezione, rispetto ad una media di 5,20 Euro negli 8 paesi europei considerati. Prezzi in continua discesa negli ultimi 12 anni, tanto da aver portato la spesa media per automedicazione a 34,50 Euro in Francia, contro i 39,20 Euro medi dei paesi inclusi nello studio. E non si può nemmeno sperare nell'apertura delle vendite online, prevista per il prossimo 12 luglio, perché comunque l'e-commerce «resta un asset minoritario anche nei paesi che lo stanno praticando da più di 10 anni». Nel Regno Unito, che l'ha autorizzata nel 2000, e in Germania (2004), la vendita di prodotti d'automedicazione online effettivamente non supera l'8%, tocca il 7% in Belgio e solo il 3% in Svezia e Paesi Bassi.
In questo contesto tuttavia c'è «ancora un margine di sviluppo importante per l'automedicazione»: sono 95 le molecole commercializzate senza obbligo di ricetta, più o meno come negli altri paesi considerati, però ce ne sono altre 53 nuove «potenzialmente eligibili per l'utilizzo in automedicazione» sostiene l'osservatorio francese. «L'automedicazione deve essere una tappa del percorso di cura garantito dal farmacista» conclude Brossard che reclama «una politica di delisting più proattiva, migliore informazione ai pazienti e formazione dei professionisti della salute».
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