C'è preoccupazione e disapprovazione nei confronti della spending review, da parte del mondo dell'industria farmaceutica che torna a ricordare i rischi e gli effetti dei provvedimenti contenuti nel decreto. «Questa manovra tocca per l'ennesima volta l'industria farmaceutica innovativa» commenta Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec «che in 10 anni ha avuto tagli per 11 miliardi di euro. Anzi, la spesa farmaceutica è stata l'unica componente dell'intera spesa sanitaria ad essere colpita». Con ripercussioni su occupazione e investimenti, aggiunge: «crollo occupazionale del settore con 10mila posti di lavoro persi negli ultimi 5 anni, e minori investimenti in ricerca e sviluppo». Da Assobiotec l'augurio che la discussione parlamentare possa introdurre modifiche importanti al decreto: «Risparmi sì ma salvaguardando il presente e il futuro della filiera industriale biofarmaceutica». A Sidoli fanno eco le parole Stefano Rimondi presidente di Assobiomedica che denuncia gli effetti sulla sanità pubblica: «Nessun aspetto del provvedimento va nella direzione giusta, il taglio indiscriminato del 5% sui contratti è una mazzata per le amministrazioni virtuose, che già hanno i costi sotto controllo, mentre non sposta molto le cose per chi spreca. L'imposizione dei prezzi di riferimento regolati al ribasso farà sì invece che nessuno avrà più interesse ad introdurre prodotti innovativi sul mercato, ma cercherà di abbassare le spese». I due provvedimenti, insieme, aggiunge Sidoli, determinerà «una sanità pubblica di serie B, con dispositivi obsoleti e di scarsa qualità e una privata di serie A che però pochi potranno permettersi». Timori sollevati anche dai dirigenti di grandi aziende. Secondo Luc Debruyne, general manager di GlaxoSmithKline Italia, «il problema non è solo più la distribuzione ineguale dei sacrifici richiesti, ma di non compromettere la sostenibilità di questo settore, la sua capacità di contribuire all'export nazionale, di essere volano di crescita e sviluppo, di continuare a dare accesso ai cittadini ai farmaci». E sottolinea: «Togliere ancora equilibrio a questo settore ne può compromettere definitivamente la sostenibilità, avviandolo verso un punto di non ritorno», motivi per cui suggerisce «di attivare un nuovo dialogo con Governo e Regioni per creare nuove prospettive per la salute dei cittadini e del nostro patrimonio industriale». A rendere l'Italia meno appetibile per gli investimenti, secondo Maurizio De Cicco, amministratore delegato Roche, si aggiunge anche la richiesta di ripianamento del 50% dello sforamento della spesa farmaceutica delle Regioni, che «avrà sicuramente una fortissima ripercussione sui livelli occupazionali e sugli investimenti in Ricerca e Sviluppo di Roche in Italia». Secondo De Cicco si rischia di «dover mettere in discussione l'introduzione nel nostro Paese di farmaci in grado di fare la differenza nella vita di milioni di pazienti con un meccanismo che equivale a una vera e propria tassa sull'innovazione per la quale rendere disponibili nuovi farmaci salvavita è considerata una colpa e non un merito da premiare».
25 luglio 2012
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