Passa dal 35% al 50% la quota a carico delle aziende sull'eventuale sforamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale. La misura è contenuta in diverse bozze del provvedimento sulla spending review in corso di definizione e bisognerà vedere se sarà confermata nella versione finale. Ma se così fosse, a partire da gennaio 2013, le industrie del farmaco dovranno partecipare in modo maggiore rispetto a quanto già previsto dalla manovra del luglio scorso. Secondo quanto si apprende, l'altro 50% sarebbe invece a carico delle Regioni che hanno superato il tetto di spesa, in proporzione al rispettivo disavanzo.
Intanto dall'assemblea nazionale di Farmindustria è partito il grido di allarme per le sorti del settore: da un lato c'è il timore che a fronte di nuovi tagli diventi insostenibile «continuare a produrre in Italia, con la conseguente chiusura di impianti produttivi nel Paese e la perdita della capacità di esportare» e dall'altro la preoccupazione è che a risentirne sia soprattutto la possibilità di fare innovazione del nostro paese: «Se prima i tagli riguardavano per l'80% l'informazione scientifica adesso toccano i centri di ricerca e gli investimenti». D'altra parte, anche senza contare la spending review, il contesto è di tagli che negli ultimi cinque anni sono stati pari a 11 miliardi complessivi a fronte di un ricavo industriale di 12 miliardi all'anno, di un costo dei farmaci che in Italia è tra i più bassi (dal 2001 è sceso complessivamente del 28% e, considerando i medicinali rimborsabili, del 38%) e di una spesa pubblica per la farmaceutica che raggiunge i 16,5 miliardi all'anno, il 26% in meno dei grandi Paesi Ue. In generale, la spesa per i medicinali dal 2006 al 2011 è cresciuta del 2%, molto meno rispetto al totale della spesa sanitaria (+10%) e degli altri beni e servizi acquistati dal Ssn (+17%). Per di più, nel 2011, è diminuita del 4% mentre quella per gli altri beni e servizi è cresciuta dell'1,8%.
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