I farmaci biotecnologici biosimilari consentono un risparmio del 30% rispetto a quelli originari. È quanto emerso da un incontro promosso da Teva Italia sulle opportunità della diffusione di questi farmaci che, al momento, in Italia hanno una quota di mercato pari al 10%. In Germania e Inghilterra, invece, la penetrazione è molto più ampia. «Per le Regioni potrebbe esserci un risparmio superiore» afferma Armando Genazzani, farmacologo dell'università del Piemonte Orientale. «Con le gare d'appalto per la forniture agli ospedali si può arrivare a spendere il 70-85% in meno». Per realizzare i biosimilari biotecnologici si parte da un farmaco originario di cui è scaduto il brevetto (dopo 20 anni), si realizza una molecola simile e un farmaco che, dal punto di vista fisico e chimico, secondo Genazzani, «non si può provare che sia identico all'originale» ma «che ha la stessa efficacia terapeutica». «Attualmente sono disponibili farmaci per tre categorie, un ormone della crescita, le eritropoietine e fattori di crescita granulocitari» aggiunge Paolo Marchetti, direttore della U.o.c. di Oncologia Medica dell'ospedale Sant'Andrea di Roma. «Nei prossimi 5 anni decadranno brevetti per 45 farmaci biotecnologici». Per il 2014-205 è previsto l'arrivo in commercio di anticorpi monoclonali oncologici e per il trattamento dell'artrite reumatoide.
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