Milano, 21 febbraio

Il settore farmaceutico vede l'Italia in una posizione del tutto ''marginale'' rispetto all'Europa e a molte altre nazioni del mondo. ''Il nostro Paese paga soltanto. Non c'e' nessuno che investa''. Tantomeno l'industria: ''Le multinazionali, infatti, investono in innovazione fuori dai confini della penisola''. A parlare e' Nello Martini, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

A una settimana esatta dal severo appello alle industrie lanciato del ministro della Salute, Girolamo Sirchia, la situazione di emergenza in cui versa la ricerca nazionale viene denunciata anche dal numero uno dell'Aifa. Oggi a Milano, parlando a un forum sulla devolution farmaceutica promosso dall'Associazione distributori farmaceutici (Adf) in collaborazione con la Regione Lombardia, l'esperto ha esaminato cio' che non va, punto per punto: ''Nelle richieste per la registrazione di nuove molecole l'Italia e' fuori dai giochi; la ricerca di clinica di fase I e II viene fatta all'estero e la poche sperimentazioni condotte sono mal distribuite non solo tra le varie regioni, ma anche tra le diverse strutture all'interno di una stessa regione''. E se e' vero che ''le responsabilita' non stanno da una parte sola, ma vanno suddivise'' tra gli attori in campo, e che negli ultimi anni ci sono stati ''vari provvedimenti'' che hanno impedito una politica del farmaco piu' strategica, ''oggi non e' piu' cosi'''. I tempi sono maturi e ''la ricerca e lo sviluppo devono essere considerati l'area chiave per una collaborazione costruttiva tra Stato e Regioni''. Martini snocciola numeri. Punto primo, ''il processo registrativo: in Europa, su 1.652 procedure di mutuo riconoscimento, l'Italia compare come Paese richiedente solo sei volte, e su 233 procedure centralizzate europee, appare come Paese-guida ('rapporteur' o 'co-rapporteur') solo otto volte''. Ma, in generale, il quadro e' preoccupante per tutta l'area meridionale dell'Ue, perche' ''se poi andiamo a vedere il mercato di questi farmaci, il 78% e' rappresentato dal Sud Europa e il 22% del Nord''. In altre parole, ha commentato il direttore dell'Aifa, ''il Sud paga mentre il Nord registra nuove molecole''.

Punto secondo, ''la ricerca: dal 1998 a oggi in Italia c'e' stato un netto miglioramento - ha ammesso Martini - con 2.783 sperimentazioni approvate al 31 dicembre 2003. Ma andando a vedere il tipo di sperimentazione, si scopre che in fase I e II c'e' poco o nulla''. Questo prova che, ''quando si tratta di investire in ricerca e sviluppo, le case farmaceutiche escono dall'Italia. Nonostante il nostro Paese rappresenti un ottimo mercato, i guadagni vengono reinvestiti altrove''. Ma l'esperto chiama in causa anche le Regioni. Il vero problema, afferma, e' che ''la ricerca non e' mai stata pensata come parte integrante della politica regionale''. E se in passato c'erano delle spiegazioni valide, ''oggi no''.

Martini ha ricordato come i vincoli burocratici che un tempo potevano effettivamente ostacolare la ricerca in Italia oggi siano stati abbattuti. ''Adesso i tempi sono competitivi'', ma non solo. ''Di recente ho sentito molte critiche sui numerosi provvedimenti che in questi anni sarebbero stati presi'' a svantaggio dell'industria farmaceutica. ''E' vero - ha ripetuto il numero uno dell'Aifa - ma se consideriamo l'ultimo decennio (1995-2004), ci accorgiamo che il mercato di fascia A e' aumentato del 121%, da 6 mila a 13.500 milioni di euro''.

Infine, ''il 2005 si preannuncia un anno di grandi opportunita''' ha avvertito Martini, evidenziando che, ''rispetto al 2004, il tetto di spesa farmaceutica e' aumentato del 7,8%: l''endovena' piu' massiccia che si ricordi'', che ''ci porta a prevedere, per fine 2005, una spesa sovrapponibile a quella programmata''. In conclusione, ''c'e' oggi la possibilita' di superare una storica dicotomia: Aifa e Regioni possono lavorare insieme, e il punto di raccordo sono proprio gli investimenti in ricerca e sviluppo''.

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