Roma, 23 novembre
Nuovi ostacoli per le coppie infertili che decidono di avere un figlio 'in provetta'. Oltre ai limiti dettati dalla legge 40 sulla fecondazione assistita ci sono ora anche le regole per la prescrizione dei farmaci contro la sterilita'. E in questo caso ad essere maggiormente penalizzate sono le donne che, per problemi fisiologici, piu' avrebbero bisogno dei medicinali. E' la denuncia della presidente dell'Associazione 'Amica Cicogna', Filomena Gallo, che ha scritto una lettera , ''da donna a donna'', alla presidente dell'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) Antonella Cinque chiedendo di garantire a tutte le stesse opportunita' di cura.
La lettera e' firmata, oltre che da tutte le altre associazioni del settore, da bioeticiste, ma anche da parlamentari di diversi schieramenti: Gloria Buffo (Ds), Alessandra Mussolini (Alternativa Sociale ), Maura Cossutta (Gruppo Misto), Carla Rocchi (Dl), Katia Zanotti (Ds), Ida D'Ippolito (Fi), Elettra Deiana (Rc). ''Quando ho saputo - scrive la Gallo nella lettera - che al timone di quest'Agenzia c'era una giovane donna determinata e anche madre, ho pensato che, forse, si poteva sperare di parlare con qualcuno capace di ascoltare, di porsi il problema più dal 'di dentro' e con maggiore onestà, di contare almeno sulla solidarietà tra donne''. Il problema e' la nuova nota 74, appena varata dall'Aifa, ''quella che prevede la distribuzione dei farmaci contro la sterilità, che hanno un costo che va dai 350 ai 1000 euro a scatola. Questa nota dal 20 novembre, come sai, è diventata più limitativa ma attraverso meccanismi che, francamente, lasciano assolutamente sbalorditi sia chi queste cure le prescrive sia chi, purtroppo, e non certo per piacere, queste cure deve farle''. Secondo le nuove regole ''non più di 12.600 unità di gonadotropine (in tutta la vita) - continua la lettera - sono concesse a chi decide di fare cicli di procreazione medicalmente assistita, indipendentemente dal bisogno individuale o dal numero di cicli necessari a ottenere una gravidanza''. Questi farmaci inducono una superovulazione per permettere di fecondare in vitro gli embrioni necessari per sperare in una gravidanza.
''Ma non tutte le donne a parita' di dosi - precisa Gallo - rispondono nello stesso modo. Ho conosciuto donne che in due cicli avrebbero esaurito il tetto massimo di farmaci oggi consentito producendo solo due ovociti e altre che con la metà delle dosi sono riuscite a produrre dai dieci ai venti ovociti per ciclo aumentando, ovviamente, le possibilità di successo in misura notevole. Questa discriminazione non è solo di censo, è qualcosa di più grave. Significa dare più opportunità a chi sta meglio in salute, penalizzare chi ha più bisogno di farmaci per raggiungere lo stesso risultato. Significa, banalmente, offrire, per esempio, a una donna che ha un'infertilità tubarica, presumibilmente con una buona capacità ovulatoria, e perciò maggiormente in grado di rispondere con minori dosi farmaco, una maggiore quantità di farmaci gratuiti e dunque un maggior numero di cicli e maggiori chance di farcela rispetto a una coppia in cui la donna ha un fsh alto oppure un'ovulazione resa difficoltosa magari da un passato ciclo di chemioterapia''. La Gallo lamenta ''l'approssimazione con cui un gruppo di persone ha deciso in modo che sembra del tutto arbitrario chi agevolare nelle opportunità di cura e chi no''. E precisa di comprendere ''le esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica''. Ma se ''una razionalizzazione deve essere fatta'' che sia equa e ''che garantisca a tutte le coppie, almeno lo stesso numero di cicli. In alternativa va bene anche ''una regola che introduca una qualche discriminante nel reddito, insomma, qualsiasi segno tangibile che ci faccia capire che su questo problema ci si è almeno riflettuto''. Per ora, infatti, ''il sentimento più immediato è che la questione sia stata affrontata come una semplice pratica burocratica''. ''Risparmiamo ai politici - conclude la lettera - la richiesta di condividere il legittimo desiderio curarsi per potere avere un figlio. Le coppie sterili sono abituate a fare a meno di questo tipo di solidarietà, ma sicuramente una cosa, nonostante le amarezze di questi mesi, deve essere pretesa: il diritto ad avere tutti le stesse opportunità di cura. Nessuna società può negare questo e continuare a definirsi democratica'' .
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