Revisione in arrivo per i metodi di valutazione della sicurezza dei farmaci da parte dell'FDA: a dieci anni dall'ultimo intervento legislativo di rilievo, serve una svolta. È l'occasione per un miglioramento sistematico o la solita oscillazione periodica, come quella di un pendolo? Se lo chiede Mark McClellan, dalle pagine del New England Journal of Medicine, dove analizza con pazienza le ragioni dei favorevoli e i timori dei contrari. In attesa di conoscere, dopo l'estate, il testo definitivo è interessante notare come molti dei punti cardine della riforma siano assai simili all'attuale legislazione italiana. Ogni 5-10 anni il Congresso promulga la legislazione principale, sottoponendo le questioni più urgenti all'FDA. Per quest'anno sono attese le modifiche più significative, dopo la grande riforma del 1997. Dieci anni fa la revisione era spinta dalla percezione che l'agenzia regolatoria non fosse abbastanza efficiente nell'autorizzare i nuovi medicinali. Oggi sembra, invece, che l'FDA non impieghi tutte le misure in suo potere per proteggere la salute pubblica dai rischi connessi all'uso dei farmaci.
Un fattore chiave nello scatenare questa preoccupazione è stato, nel 2004, il ritiro del Vioxx da parte di Merck, avvenuto mentre l'FDA era nel pieno della discussione sulla possibile associazione tra impiego degli SSRI e ideazione suicidaria negli adolescenti. In quelle condizioni, e con disaccordi interni allo staff su quelli e altri farmaci, l'agenzia chiese un parere all'Institute of medicine (IOM). Il rapporto (settembre 2006) dello IOM includeva un'ampia serie di raccomandazioni, servite da traccia per il futuro piano d'azione dell'FDA.
La normativa generale sulla sicurezza dei farmaci sarà promulgata prima dell'autunno, quando il Congresso dovrà varare il Prescription Drug User Fee Act (PDUFA) con le nuove tariffe a carico dei produttori, usate anche per coprire parte dei costi regolatori.
C'è quindi l'opportunità di rendere più sistematico ed efficiente il sistema di valutazione della sicurezza, se certi input saranno accolti, senza farsi frenare dal timore che una normativa più rigida possa far crescere i prezzi e ridurre l'accesso alle cure. Incertezze superabili alla luce delle innovazioni introdotte nell'ultimo decennio, tra le quali il sempre più diffuso accesso alle banche dati elettroniche, che registrano le prescrizioni e gli eventi avversi, che consente una tempestiva condivisione delle informazioni utili.
I quattro punti critici
1. L'incremento degli stanziamenti pubblici a favore dell'FDA e del suo Center for drug evaluation and research (CDER) che, secondo lo IOM, sono sottofinanziati. Ma le risorse del Congresso dipendono dalle tasse di registrazione a carico delle aziende farmaceutiche, quote che l'agenzia regolatoria propone di incrementare del 29% con il prossimo PDUFA. Questa manovra darebbe maggiori disponibilità alle iniziative di ricerca e studio pre-registrazione, e consentirebbe di aggiungere 29,3 milioni di dollari ai fondi per la sorveglianza post-marketing. In propsettiva il totale a bilancio per l'anno fiscale 2008, incassato dalle aziende, sarebbe di circa 400 milioni di dollari, sufficiente a coprire il 40% del fabbisogno dell'FDA per tutte le attività regolatorie; solo il 6,7% sarebbe destinato al potenziamento del sistema di sorveglianza.
Fortemente critici su questo bonus di 29 milioni sono Sean Hennessy e Brian L. Strom che, nel loro editoriale sulla stessa rivista, dimostrano come si tratti di una cifra irrisoria, sia rispetto alla spesa sanitaria nazionale, o ai costi sostenuti dalle aziende per la pubblicità, sia persino nei confronti della spesa per compiere un solo studio post-marketing su un campione sufficientemente ampio, stimata tra i 10 e i 60 milioni di dollari.
2. Maggiori poteri all'agenzia regolatoria: il disegno di legge sostenuto dai senatori Edward Kennedy e Mike Enzi prevede che l'FDA possa richiedere guide speciali per i pazienti, limitare la prescrivibilità di un farmaco a determinate categorie di medici, vincolare la prescrizione alla presenza di certi test di laboratorio o altri documenti ritenuti necessari.
Una serie di misure cui sinora si era fatto ricorso molto raramente e in casi davvero speciali (es talidomide), che includono anche la possibilità di limitare le azioni di direct marketing rivolte al consumatore, di richiedere studi post-marketing e di multare i trasgressori. Un'ipotesi, quest'ultima, più soft rispetto ai provvedimenti di ritiro, di cui l'agenzia si avvale solo nelle evenienze di gravi rischi per la salute pubblica.
3. Implementare un sistema elettronico di sorveglianza post-marketing, raccogliendo tutte le attuali conoscenze dei rischi farmaco-correlati e utilizzandole per aumentare la capacità provisionale nei confronti delle nuove molecole.
I più recenti casi di allarme, infatti, sono derivati da ritardi nell'attribuire la relazione di causalità tra evento avverso e impiego di un nuovo farmaco, più che da inadempienze dell'FDA nelle procedure di registrazione. Questo accade perché l'Adverse event reporting system (AERS) statunitense si affida alle segnalazioni spontanee di operatori sanitari, produttori, consumatori, intercettando così solo una minima parte della realtà. Dal momento che adesso quasi tutte le prescrizioni sono processate per via elettronica, e se diventeranno disponibili i dati su consumi ed esiti per i cittadini americani con copertura assicurativa, sarà possibile identificare sistematicamente e con maggior efficacia i rischi potenziali.
Come ha dimostrato Richard Platt, professore della Harvard medical school, con una banca dati che raccolga informazioni su 100 milioni di pazienti, i segnali di rischio cardiovascolare connesso all'uso di rofecoxib sarebbero emersi in soli 3 mesi di utilizzo.
4. Infine lo IOM suggerisce modifiche nelle procedure di gestione e supervisione della sicurezza, che prevedano una maggiore partecipazione di esperti di sicurezza ed epidemiologia alle discussioni sui nuovi farmaci.
Non si sa per ora se il Congresso recepirà in toto i suggerimenti dello IOM e, anche in caso affermativo, resta da vedere come si svolgerà il passaggio dalla teoria alla pratica. Sull'efficacia di certe misure, invece, potremmo già dirci ottimisti. E non senza una certa presunzione. In Europa, infatti, e ancor prima in Italia, quando non vigeva ancora il mutuo riconoscimento, i requisiti per l'autorizzazione all'immissione in commercio sono sempre stati più severi. Certo in alcuni casi i tempi per l'ottenimento dell'AIC potevano allungarsi eccessivamente, a vantaggio comunque di maggiori garanzie di sicurezza per la salute pubblica, e senza che venissero a mancare opzioni terapeutiche indispensabili.
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