Farmaci di nicchia, questa è la prospettiva futura ma, almeno in un caso anche quella presente. E di nicchia non perché si tratti di indicazioni che riguardano una popolazione limitata (malattie rare, complicanze molto particolari eccetera) ma perché si tratta di un farmaco per il trattamento di una malattia diffusa, l'insufficienza cardiaca, ma in uno specifico gruppo etnico: quello afro-americano.   Il farmaco, che si chiama BiDil, isosorbide dinitrato e idralazina, ha dimostrato di poter ritardare la prima ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, di aumentare significativamente la sopravvivenza e di ridurre la sintomatologia invalidante. Dimostrazioni di efficacia che, oltretutto sono venute principalmente da uno studio, l' African American Heart Failure Trial (A-HeFT), che dovette essere interrotto il anticipo (giogno 2004), perché i benefici del farmaco erano tali da rendere non etico il mantenimento del gruppo di controllo.

Lo studio, tra l'altro, era stato finanziato da NitroMed, il produttore, e dall'Association of Black Cardiologists. Insomma, tutte le carte in regola per avere un risultato commerciale adeguato, visto che il trattamento della cardiopatie nella popolazione nera è comunque uno degli aspetti sensibili della sanità statunitense e solo da qualche tempo si tiene nel debito conto, nerre ricerche, la specificità etnica. Però il successo com,merciale non si è avuto e ora ci si chiede perché. Jim Edwards, editor della rivista Brandweek avanza l'ipotesi che ""un possibile fattore risieda nella formulazione dell'approvazione da parte della FDA, che parla di ""pazienti che si autoidentificano come neri"". Il problema è che c'è un sacco di gente che alla fine risulta essere meno nera - o meno bianca - di quanto pensasse"". Insomma, dopo adeguate indagini genetiche molti pazienti sfuggirebbero all'indicazione principe. Posto che tali indagini siano così diffuse, John Mack di Parmamarketingnews obietta che l'effetto si sarebbe dovuto manifestare più avanti nel tempo e non nell'arco di due anni scarsi dall'approvazione. Il punto poterebbe essere un altro, e cioè un difetto di consapevolezza nella popolazione afro-americana dei fattori di rischio specifici per il proprio gruppo etnico, più esposto per esempio al diabete tipo2 e all'ipertensione. Il discorso verte sulla popolazione afroamericana, è vero, ma in realtà si può allargare a qualsiasi gruppo sociale con caratteristiche particolari. Prima dell'arrivo di Bernadine Healy agli NIH, per esempio, le cardiopatie ischemiche nella popolazione femminile erano sottovalutate, dai medici ma anche dalle stesse donne.

In definitiva, con i farmaci di nicchia diviene più critico l'aspetto della consapevolezza da parte del paziente, che per motivi culturali o socioeconomici può essere più lontano da concetti quali prevenzione o profilassi rispetto alla popolazione generale. Nel caso della minoranza nera, vi è anche da tenere preente la scarsa fiducia che nutre verso l'establishment, ragion per cui è stato anche proposto di coinvolgere nelle campagne di educazione sanitaria le comunità religiose. Peraltro, la National Medical Association, che rappresenta più di 25000 medici di colore, vede buona parte dei suoi membri coinvolta nella attività delle comunità religiose e, inoltre, spesso il pastore viene visto dai fedeli come una guida non soltanto per la salute spirituale, ma per la salute nel suo complesso. Di qui l'ipotesi di coinvolgere le chiese nelle campagne sanitarie come già si fa per scuole, centri ricreativi e altri punti di aggregazione.  Certo, anche questa azione lascia scoperto un aspetto: se fosse l'assistenza farmaceutica insufficiente a determinare vendite inferiori al previsto? La NitroMed ha effettivamente varato un programma a favore dei pazienti con difficoltà di questo tipo, ma certo non risolutiva delle questione, e non per suo demerito.

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