Le cose facili sono davvero state già fatte tutte. Vecchia storia che viene inevitabilmente richiamata ogni qual volta si vede abortire un nuovo farmaco prima che raggiunga il mercato ( e a volte anche dopo). Ultima in ordine di tempo, viene infatti la vicenda di Eli Lilly, che ha ritirat la richiesta di registrazione centralizzata, come first-in-class drug, per ruboxistaurina (Arxxant). Il farmaco è un inibitore della proteinchinasi C, enzima di cui è stato dimostrato un ruolo nello sviluppo della retinopatia diabetica e dell'edema maculare.
I giornali avevano definito l'Arxxant un potenziale blockbuster, e a ragione: il diabete tipo 2 è una delle malattie in più rapido aumento nei paesi industrializzati e la migliore sopravvivenza di chi ne è colpito rende ancora più pesante il'impatto delle complicanze come questa. Senza contare che se è vero che queste possono essere ridotte con un miglior controllo glicemico, il beneficio non è tale da rendere superflui farmaci mirati. In fin dei conti, è alla retinopatia diabetica che l'Organizzazione Mondiale della Sanità attribuisce il ruiolo di prima causa di cecità negli adulti in età lavorativa (dai 20 ai 65 anni).

In realtà la ruboxistaurina non si proponeva soltanto per il trattamento/prevenzione della progressione di questa sola complicanza. Data la centralità della proteinchinasi C nella microngiopatia diabetica, era plausibile ipotizzare un effetto anche sulla neuropatia diabetica e sulle complicanze renali. Senonché circa 18 mesi fa il farmaco ha mancato gli obiettivi in due studi clinici di fase III dedicati alla neuropatia diabetica. All'epoca l'azienda ritenne però sufficientemente positivi i risultati ottenuti nello studio, sempre di fase III, dedicato appunto alla retinopatia. Di qui la scelta di sottoporre all'FDA una nuova application, volta a questa indicazione. All'epoca, il vicepresidente della casa statunitense con delega a scienza e tecnologia, Steven Paul, dichiarò che ""mentre siamo delusi dai risultati degli studi rivolti alla neuropatia diabetica, ma siamo estremamente gratificati dall'aver compiuto un passo avanti nel fornire una possibile soluzione ai pazienti affetti da retinopatia diabetica"". E aveva poi aggiunto: ""Se la ruboxistaurina sarà approvata dalla FDA, si tratterà del primo farmaco a somministrazione orale per il trattamento di questa complicanza del diabete"".

Lo scorso settembre, però, l'agenzia statunitense aveva respinto la richiesta chiedendo lo svolgimento di un altro studio clinico triennale. Disappunto dell'azienda che non si aspettava la richiesta di nuovi dati di efficacia. Vi fu un appello, in quanto l'azienda riteneva che per rispondere ai quesiti posti dalla FD di anni ne sarebbero occorsi cinque e non tre. Ma pochi giorni fa la FDA ha respinto il ricorso e l'azienda ha deciso di non proseguire oltre né negli Stati Uniti né in Europa. Nella sua comunicazione all'EMEA, l'azienda, come nel caso della FDA ha dichiarato di non poter risponedere alle richieste di ulteriori dati da parte del CHMP nei tempi previsti. Come riporta anche la nota dell'EMEA al riguardo, niente vieta all'azienda di ripresentare successivamente una richiesta di registrazione. Chissà....

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