In base ai dati forniti da IMS Health, nel 2005 il fatturato dei ""biosimili"", versione generica dei farmaci biologici, ha fatto segnare un aumento superiore al 17% per un totale di 25,4 miliardi di euro. Inoltre, brevetti alla mano, è possibile in qualsiasi momento l'arrivo delle versioni generiche di insulina, epoetina, interferon alfa e beta. Farmaci tutto sommato meno problematici dei biologici più recenti, con vendite stabili o in crescita. Poca sorpresa, dunque, suscita il fatto che il colosso indiano dei generici, Ranbaxy, si sia preparato ad affrontare anche questo segmento di mercato. Obiettivamente la cosa presenta più difficoltà che con i farmaci tradizionali, e non soltanto per questioni legate alla produzione. Infatti, dei due mercati più promettenti, soltanto l'Europa si è data una regolamentazione in materia, mentre negli Stati Uniti la FDA non ha ancora risolto i diversi aspetti dell'attività di copia di una proteina, quindi non c'è un iter registrativi definito.
Ranbaxy, dunque, comincerà con l'Europa e il prodotto c'è già si tratta di un CSF (Colony Stimulating Factor) dei granulociti, indicato per la stimolazione della produzione di leucociti, il filgrastim. Secondo l'azienda sarebbe il primo prodotto biotech sul mercato europeo, rompendo una latitanza dovuta, sempre a detta di Ranbaxy, alla scarsità di fondi da destinare ai trial clinici e alla mancanza di esperienza sul piano regolatorio. Senz'altro, ma anche per l'oggettiva difficoltà a passare dalla chimica alle biotecnologie; difficoltà che è stata risolta ricorrendo alle prestazioni della Zenotech, che dispone a Hiderabad di impianti in regola con i requisiti posti dalla FDA e dall'EMEA, e che si è occupata del filgrastim. L'accordo, come ha spiegato il CEO di Ranbaxy, Malvinder Mohan Singh, mira a riunire le forti infrastrutture commerciale, e le capacità sul piano regolatorio dell'azienda con l'esperienza nello sviluppo e nella produzione di biosimili della Zenotech; il che equivale a dire ""siamo qui per restare"". Del resto, l'industria indiana, nel suo complesso, rappresenta il 22% del mercato mondiale del generico e quindi la liquidità non dovrebbe costituire un ostacolo all'espansione nel settore. Quanto al know-how, invece, ha provveduto, in un certo senso, l'industria occidentale: con l'aumentare dell'esternalizzazione di molti processi produttivi, le grandi aziende europee e nord-americane hanno applicato una sorta di pressione selettiva sull'industria indiana, accelerandone lo sviluppo tecnologico.
Fin qui i progetti e le tendenze, la realtà del biosimile, però, ha anche aree di incertezza. Per cominciare, è difficile usare in questo settore il concetto di bioequivalenza, tanto che si parla di includere anche l'esecuzione di studi di efficacia e sicurezza proprio sul biogenetico. Inoltre, nel caso dell'Europa, su tre domande di registrazione di biosimili una è stata respinta. A oggi, dunque, sono stati autorizzati due ormoni della crescita umani ricombinanti, prodotti da Sandoz e BioPartner, e nient'altro, anche se presso l'EMEA sono state depositati 4 nuovi dossier. Insomma, un mercato di copie molto simile a quello delle specialità. D'altra parte, trattandosi di farmaci destinati a un'utenza ben delineata, il marketing è meno complesso e, soprattutto, i prezzi delle specialità sono ancora molto sostenuti.
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