La svolta c'è stata nel 2004 quando il comitato internazionale dei direttori di riviste mediche ha affermato che non pubblicherà più sulle proprie testate ricerche cliniche che non siano prima apparse in un registro pubblico delle sperimentazioni farmacologiche. Una condizione indispensabile, dissero allora i direttori, per la salvaguardia dei diritti dei malati  e per lo sviluppo della ricerca scientifica. La banca dati realizzata, accessibile a tutti via Internet, www.clinicaltrial.gov, esiste del resto da più di trent'anni e contiene gli studi clinici patrocinati dai National Institutes of Health, che riguardano patologie che mettono a repentaglio la vita, per esempio quelle in campo oncologico. Ora, trascorsi due anni da questa dura presa di posizione è il momento dei primi bilanci. E a detta di un editoriale pubblicato, sul New England Journal of Medicine a firma del direttore Jeffrey Drazen, insieme con Deborah Zarin della National Library of Medicine, il sistema funziona.

Il bilancio del New England
Il presupposto  dell'editoriale è proprio una ricerca pubblicata sulla rivista che, dichiara l'editoriale, ha potiùuto essre pubblicato soltanto perché uno dei coautori dello studio, visto che non l'aveva fatto l'azienda sponsor, aveva proceduto per altre vie alla registrazione. Come a dire che la regola è ferrea, e senza l'iniziativa del ricercatore, la pubblicazione non sarebbe avvenuta. D'altra parte, Pfizer, che è l'azienda in questione, ha dovuto adeguare le sue registrazioni di studi in corso e a oggi nessuno dei 115 trial che Pfizer ha registrato dall'inizio del 2006 mancano di informazioni, cosa non così comune qualche tempo fa. E anche le altre aziende farmaceutiche si stanno adeguando al sistema. I numeri del resto parlano chiaro. Dei 2983 studi inseriti in registro nell'anno appena concluso, riferiscono gli autori dell'editoriale, solo l'8% ha evitato di descrivere in modo preciso i dati relativi ai parametri misurati nella sperimentazione, per esempio livelli di colesterolo o decessi. Negli anni precedenti si è arrivati al 26%. E nessun trial ha omesso il nome del trattamento testato, elemento che in passato era stato a volte taciuto perché ritenuto commercialmente sensibile. Per le industrie farmaceutiche è indispensabile far conoscere i nuovi medicinali che vengono introdotti, lo è un po' meno e può, anzi, provocare perdita di immagine, la divulgazione delle ricerche che non hanno portato all'immissione sul mercato di una propria molecola. Per il buon funzionamento del meccanismo è fondamentale che ci sia un buon coordinamento tra sponsor e autori. Il tutto per evitare che le registrazioni siano duplicate o che ci siano incertezze sull'effettiva registrazione. Benché ci sia ancora molto da fare, concludono i ricercatori, questo miglioramento deve essere segnalato ed elogiato. La trasparenza della ricerca condotta dalle aziende farmaceutiche è sicuramente aumentata.

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