L'accusa del New York Times non è da poco. Eli Lilly avrebbe incoraggiato i medici di famiglia a prescrivere olanzapina (Zyprexa), antipsicotico atipico indicato ufficialmente per la schizofrenia e il disturbo bipolare, su pazienti che non hanno nessuna delle due condizioni. E la fonte di questa notizia sarebbe l'avvocato chiamato a rappresentare pazienti con disturbi psichiatrici in causa con l'azienda, in possesso, pare, di documenti riservatissimi. In particolare sembra che nella sua campagna ribattezzata ""Viva Zyprexa"" Lilly abbia incoraggiato i suoi informatori a suggerire ai medici la prescrizione del farmaco in pazienti anziani con sintomi di demenza. L'azienda naturalmente si difende con vigore e nega qualsiasi incoraggiamento all'uso off-label, oltre a sottolineare il completo coinvolgimento dell'FDA in tutti i passaggi legati al marketing del farmaco. Chi avrà ragione?

Un fatto è sicuro: olanzapina non è indicata per pazienti con demenze e anzi esiste un warning dell'FDA legato all'aumento della mortalità in pazienti anziani, con psicosi da demenza, che abbiano utilizzato il farmaco. Sembra però esistere materiale redatto da un responsabile marketing dell'azienda che rivendicava l'efficacia del farmaco per la demenza e apriva uno spiraglio all'uso off-label. Un comportamento fortemente criticato da molti psichiatri, visto che si tratta di patologie profondamente diverse. Peraltro il discorso dell'uso off-label dei farmaci non è una novità ed è anzi una tipica controversia del mondo del  farmaco.

 
 
Ma la questione non finisce qui: un altro aspetto è in discussione e riguarderebbe il tentativo di Eli Lilly di minimizzare il rischio di diabete associato all'uso di olanzapina. E questo da dieci anni a questa parte, da che, cioè,  il farmaco è sul mercato. Un farmaco che nel 2005, è bene ricordarlo, ha fruttato al gruppo 4,2 miliardi di dollari. Anche in questo caso si fa riferimento a documenti interni alla società e messaggi e-mail scambiati tra i manager aziendali, relativi agli anni compresi tra il 1995 e il 2004 e forniti dallo stesso avvocato, in nome di alcuni pazienti che hanno assunto il prodotto riferendo di un aumento anomalo di peso e glicemia. Anche in questo caso l'azienda si è prontamente difesa, da una parte definendo illegale la diffusione della documentazione estrapolata dal contesto, dall'altra negando il legame tra il farmaco e il rischio di diabete. La questione resta aperta, anche se il New York Times ricorda, infine, come nel 2005 Eli Lilly abbia pagato 750 milioni di dollari per risolvere contenziosi da parte di 8mila pazienti, che lamentavano di avere sviluppato diabete o altre patologie proprio a causa della terapia. Un fatto che potrebbe suscitare qualche dubbio, in attesa della sentenza definitiva.

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