“Abbiamo grandi ambizioni per questo farmaco, crediamo che possa trasformarsi in un prodotto chiave per il gruppo”. Il gruppo in questione è l’anglo-svedese AstraZeneca, il farmaco di cui parla Jon Symonds, ceo di AstraZeneca, è il nuovo anticancro Abraxane, destinato a diventare un prodotto blockbuster. Sulla nuova formulazione si è soffermato un articolo del New York Times, secondo il quale il farmaco non comporterebbe un grosso avanzamento terapeutico. Eppure….


Abraxane vs paclitaxel
Si tratta di una nuova formulazione di paclitaxel legato ad albumina, approvata dalla Food and Drug Administration nel gennaio 2005, dopo avere dimostrato risultati migliori del paclitaxel standard nel trattamento delle donne colpite da cancro mammario metastatico. Su questi risultati fa leva Patrick Soon-Shiong della compagnia americana Abraxis BioScience, da cui AstraZeneca ha acquisito i diritti del farmaco, pagando 200 milioni di dollari per una prima collaborazione che durerà cinque anni e mezzo a partire dal luglio scorso. Secondo Abraxis BioScience, Abraxane rappresenta un importante progresso nella cura del tumore al seno metastatico, per tutte le pazienti che non hanno risposto ad altri trattamenti e che potrebbero morirne, ma l’auspicio dell’azienda è di poterlo utilizzare anche in fase precoce. Una cosa è certa, dicono al New York Times, il farmaco costa 25 volte di più della versione generica della vecchia medicina, il paclitaxel o taxolo. Eppure la follia del mercato degli antitumorali fa sì che gli alti costi non inficino la popolarità di un farmaco, anzi. Sono circa 20000 i pazienti in terapia con il farmaco, al punto che si pensa che entro il 2010 i proventi dalla vendita del farmaco ammonteranno a un miliardo di dollari. Un indubbio cospicuo potere nelle mani dei produttori, determinato, secondo il NYT, da una popolazione di pazienti disperate alla ricerca di nuove terapie e da assicurazioni disposte a coprire in gran parte le spese, che però inevitabilmente faranno lievitare i costi sanitari. In controtendenza con gli sforzi generali di contenere i costi in questo particolare mercato, i pazienti sono alla ricerca di qualcosa di nuovo, anche se più costoso. L’effetto è che la spesa per la salute va alle stelle, crescendo ben  più velocemente dell’inflazione.  E la spesa per questi farmaci è destinata a raddoppiare, con un evidente beneficio per le aziende produttrici.


Spesa giustificata?
Secondo Soon-Shiong il prezzo del farmaco è giustificato dal fatto di provocare meno  reazioni allergiche del taxolo. In più, pur non aumentando la sopravvivenza significativamente rispetto al trattamento capostipite, il farmaco farebbe regredire il tumore più di quanto non accada con paclitaxel. Del resto i pazienti non hanno nessuna ragione per scegliere i vecchi trattamenti visto la copertura assicurativa e non sono certo i medici a mediare. L’FDA dal canto suo si limita a valutare sicurezza ed efficacia, e il farmaco in questione non ha importanti controindicazioni da questo punto di vista, anche a giudicare dalla casistica riportata dalllo stesso New York Times. Ma i prezzi crescenti stanno incominciando a incidere pesantemente sul sistema e gli stessi pazienti, anche quando vi sia copertura assicurativa, devono quasi sempre partecipare direttamente alla spesa, tenuto conto che spesso assumono altri farmaci in terapia combinata. Lo stesso Soon-Shiong, del resto, si dice preoccupato per la spesa per i trattamenti anti-tumorali ma è altresì convinto che sia giustificata dalle tecnologie cui si fa ricorso per produrli, in questo caso una nanotecnologia particellare. E la convinzione sull’efficacia del farmaco è tale che nella richiesta di approvazione all’FDA per l’uso sui tumori in fase iniziale hanno chiesto una procedura accelerata. Una richiesta per il momento bocciata, visto che mancano ancora dei dati sul farmaco, ma di cruciale importanza, dal momento che Abraxis riceverà da AstraZeneca ulteriori pagamenti, in seguito all’eventuale approvazione di nuove indicazioni terapeutiche.

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