Il biotech decolla. Di tempo ce n’è voluto ma oggi i numeri parlano chiaramente di un forte recupero delle biotecnologie, in particolare se si guarda alla salute. Del resto, uno studio Eurobarometro su “Europei e biotecnologie nel 2005”, rivela come la maggioranza degli europei, il 52%, sia favorevole al biotech soprattutto in campo medico, quando è evidente che migliora la salute dell’uomo e la sua qualità di vita. La risalita del settore è stata illustrata con dovizia di particolari in un recente incontro milanese da Marco Renoldi, componente del gruppo biotecnologie di Farmindustria. 

Lo sviluppo del settore
Nel mondo, già 325 milioni di pazienti hanno beneficiato di prodotti realizzati con le biotecnologie. Nel nostro paese ormai si contano 163 aziende biotech, numero che ci piazza al quarto posto in Europa dietro a Germania (525 imprese), Regno Unito (455) e Francia (225) e al quinto posto, sempre a livello europeo, come fatturato. E molte sono aziende giovani: il 63% è nato negli ultimi cinque anni. Altri dati: 8389 addetti ai lavori, in crescita del 25% nell’ultimo triennio, e 2886 milioni di euro di fatturato, pari allo 0,2% del Pil. Ma soprattutto 30 farmaci biotecnologici in sviluppo. Quindi se è vero come ha sottolineato Edoardo Boncinelli che “è stato un errore fondamentale non aver capito l’importanza del biotech”, le cose si stanno finalmente muovendo. Ma quali sono i farmaci in sviluppo?  Si tratta, come ha spiegato sempre Renoldi, di 14 molecole in fase I, 13 in fase II e 3 in fase III. Segno che i crescenti investimenti in ricerca e sviluppo, che sono arrivati a più di 1160 milioni di euro l’anno, cominciano a dare i primi frutti. E la salute, come si accennava in apertura, la fa da padrona. Infatti, se si applicano le biotecnologie all’agricoltura e alle derrate alimentari si sconta il netto il rifiuto dell’opinione pubblica, con le conseguenze che si sono viste anche qui, ma le cose cambiano significativamente per le applicazioni in campo medico. Ecco perché il 69% delle aziende biotech italiane, gran parte con meno di 50 dipendenti, si muove in questo comparto. Ma inevitabilmente sono i grandi gruppi a produrre oltre il 70% del fatturato.

Effetti forti in campo farmaceutico
Un ulteriore segno di salute del settore viene dal fatto che, dei 35 progetti di nuovi farmaci a nascita italiana in sviluppo, 30 sono biotech. Ecco perché Renoldi ha affermato entusiasta che le biotecnologie sono la cinghia di trasmissione fra ricerca e grande industria. Il biotech è destinato a diventare un elemento centrale per lo sviluppo economico e il recente interesse dichiarato dal governo Prodi per il settore ne è la testimonianza. Ma la situazione può ancora migliorare, per esempio, con una maggiore aggregazione e intesa tra università e industria. Anche perché come dichiarato all’Espresso da Roberto Gradnik, presidente di Assobiotec, “siamo l’unico paese in cui la ricerca pubblica scopre e non brevetta, oppure lo fa, ma lascia i brevetti nel cassetto”. E poi mancano quelle agevolazioni fiscali, presenti invece in Francia e in Spagna, che consentano di restare a galla e assumere personale a un’impresa che tipicamente deve aspettare quattro o cinque anni prima di fare profitto. Il settore decolla, perciò, ma bisogna fare in modo che resti in alto.

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