Sono molti anni ormai che grosse compagnie biotech come Genentech e ImClone raccolgono grande interesse ai convegni oncologici con i nuovi farmaci oncologici mirati. Farmaci che hanno la caratteristica principale di essere meno tossici della chemioterapia tradizionale. La grande novità di quest’anno, come osserva il New York Times in un recente articolo, è che ora sono le Big Pharma tradizionali a puntare sul mercato dei target drugs. La conferma arriva dal meeting dell’American Society of Clinical Oncology, dove a tenere banco sono stati nuovi farmaci delle grandi case, per così dire, tradizionali.
Qualcosa è cambiato
La lista si va allungando. Per cominciare temsirolimus, farmaco sperimentale di Wyeth in via di approvazione, in grado di prolungare la vita dei pazienti con cancro al rene fino a tre mesi e mezzo. Oppure Sutent di Pfizer, già sul mercato, che è ormai la prima scelta sempre nel cancro renale. Ma non è finita qui, visto che Glaxo ha detto la sua con Tykerb, farmaco per il tumore della mammella. Eppure solo pochi anni fa né Glaxo né Pfizer o Wyeth erano in questo business. Ma qualcosa ha trasformato questo mercato da mercato di nicchia, qual’era, le maggiori case farmaceutiche, grazie anche agli evidenti vantaggi commerciali, si sono aperte alle scoperte scientifiche in quest’area. Il rischio, dicono al New York Times, è che la mischia sul mercato oncologico porti a un fiorire di me-too drugs. Sono, infatti, due le strategie dei farmaci in sviluppo: stroncare il flusso di sangue che alimenta il tumore o interferire con le proteine presenti nel tumore e responsabili del suo sviluppo. Sunitinib, axitinib, sorafenib, pazopanib sono solo alcuni dei 400 principi attivi, di 178 diverse aziende, che sono al momento sottoposti a trial clinici. Due volte il numero di farmaci in sviluppo per l’Alzheimer e tre volte quelli cardiovascolari. Va detto che al di là della legittima confusione in questa miriade di farmaci, l’allargamento del mercato aumenta anche le possibilità di guarigione per il singolo paziente. In più un’aumentata competizione può anche significare che le compagnie farmaceutiche dedicano più sforzi nel ridurre gli effetti collaterali. Una volta, del resto, era considerato accettabile per questo tipo di farmaci avere un margine di tossicità.
Ma nell’intasamento del mercato ci sono anche svantaggi.
Un mercato affollato
Per cominciare si riducono le quote di mercato per il singolo farmaco; in più, si conducono trial clinici sempre più costosi per poter differenziare un farmaco dall’altro. La competizione, inoltre, potrebbe abbassare i prezzi, che si aggirano sui 100.000 dollari l’anno per alcuni farmaci oncologici, sebbene i costi per il paziente potrebbero ugualmente aumentare in virtù del loro frequente uso in combinazione. Le previsioni degli analisti sostengono che il mercato è destinato a raddoppiare entro il 2010: dai 25 miliardi di dollari attuali a 50. Ma il mercato potenziale dei singoli farmaci potrebbe ridursi vista l’aumentata competizione. Del resto il numero di farmaci attualmente in fase finale di sperimentazione superano quelli già sul mercato. Per questo alcune aziende farmaceutiche hanno pensato di essere previdenti: da Bristol-Myers Squib a Novartis con il Gleevec, una delle terapie mirate per la leucemia mieloide cronica per prime sul mercato e di maggior successo. Va detto, peraltro, e il Gleevec ne è la testimonianza, che la società è disposta ad affrontare costi/terapia di decine di migliaia di dollari l’anno anche per tumori molto rari.
Malattia cronica
Infine va tenuto presente che il tumore sta trasformandosi in una malattia cronica. Secondo una relazione presentata al meeting Asco il 90% dei pazienti che hanno assunto Gleevec dopo cinque anni sono ancora vivi. E’ chiaro che la malattia è solo sotto controllo, non è risolta, e il paziente non può prescindere dalla quotidiana assunzione del farmaco. La nuova frontiera scientifica, comunque, è rappresentata dalla genetica e in questa direzione vanno due farmaci, Sutent di Pfizer e Nexavar di Bayer e Onyx, approvate di recente per il tumore al rene. Entrambi i farmaci vanno a bloccare la neoangiogenesi tumorale. Un approccio già sperimentato da Genentech con Avastin per il cancro del colon. La presenza delle Big Pharma nel mercato dei farmaci oncologici, conclude l’articolo del New York Times, potrebbe in qualche modo far suonare la sveglia per le compagnie biotech e i loro azionisti. E Genentech è sicuramente la compagnia più minacciata. Herceptin è per esempio è a rischio con il nuovo farmaco Tykerb della Glaxo. Ma la situazione è in continuo sviluppo.
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