Riunire in una medesima prospettiva il curante, il paziente e l’industria è tutt’altro che semplice. D’altra parte sta diventando una scelta per molti aspetti forzosa, visto che in tempi di restrizione delle risorse è sempre più frequente il caso di patologie che, pur non essendo orfane in senso stretto, lo diventano perché poco conosciute, sottovalutate dal decisore politico o scotomizzate a causa dei costi maggiori che comporterebbe il loro trattamento attraverso i farmaci e i presidi più moderni e mirati. Un buon esempio di questa situazione è l’artrite reumatoide, che ha visto la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione particolarmente riuscita, sotto l’egida della Società Italiana di Reumatologia e con il grant di Abbott. All’artrite reumatoide, infatti, convergono molti di questi fattori: l’epidemiologia dice che la grande maggioranza dei pazienti è costituita da donne (il rapporto è di 3 a 1), quindi obiettivamente una fascia della popolazione politicamente meno influente; da sempre viene sottodiagnosticata; non ha avuto fino a tempi recenti un arsenale terapeutico proprio, ma attingeva a molecole studiate per altre patologie, di costo molto contenuto seppure di efficacia variabile.
L’arrivo in questo scenario dei farmaci biologici, quindi il netto miglioramento delle prospettive delle pazienti, rischia di non poter svolgere fino in fondo il suo effetto positivo, anche in termini di remunerazione della ricerca. Di qui la scelta di avviare una campagna in cui al centro è stato posto il paziente, anzi la paziente. La campagna ha avuto il suo momento centrale nella realizzazione di un libro costituito da 10 interviste che altrettante donne politiche hanno fatto ad altrettante donne colpite dalla malattia, dalle quali emerge un quadro realistico e completo della malattia. Un’opera di sensibilizzazione molto efficace, che sostituisce per una volta l’informazione esclusivamente scientifica, pure presente attraverso le testimonianze dei reumatologi curanti delle donne intervistate, con un insight diretto sulle conseguenze pratiche dell’artrite, sul piano fisico, psicologico, lavorativo e famigliare. L’aver reclutato anche esponenti politici noti per l’impegno nel campo della tutela della salute e della condizione femminile, è poi un passo fondamentale per mantenere vivo il dibattito e creare un vero e proprio movimento d’opinione.
Il libro, intitolato “Artrite reumatoide, singolare femminile”, pubblicato da Edra è stato presentato a Roma il 7 marzo (giusto alla vigilia della Giornata della donna), nella biblioteca della Camera dei deputati, a Palazzo San Macuto, riscuotendo un notevole interesse anche nella stampa. Un altro atout di questa iniziativa è poi la dimensione europea. Infatti una pubblicazione analoga è stata realizzata in Belgio e altre sono in via di realizzazione negli altri paesi dell’UE, sempre attraverso le società reumatologiche nazionali e con il coinvolgimento di esponenti politici.
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