Lo scopo principale della rete, è cosa nota, è quello di promuovere al meglio i propri prodotti. Ma fino a che punto è lecito spingersi? Periodicamente arrivano notizie “scandalo” riguardanti i veri o presunti regali, viaggi, incentivi in denaro, che i medici riceverebbero dalle case per prescrivere i loro farmaci. L’ultima, in ordine di tempo, riguarda la Abbott Laboratories, che è stata sospesa dall’Associazione dell’industria farmaceutica britannica (ABPI) per aver invitato alcuni medici in un ristorante all’interno di un cinodromo e aver offerto biglietti per il torneo di Wimbledon a un manager ospedaliero. Ma ciò che ha fatto più scalpore è stato che, al termine di un workshop di due giorni con cena, un ospite e due rappresentanti della compagnia abbiano concluso la serata in un club di lap-dance. Secondo l’ABPI “Questo genere di comportamento getta discredito e riduce la fiducia nei confronti dell’industria farmaceutica” e ha, quindi, deciso di intervenire sospendendo l’azienda per un minimo di sei mesi.
Alla luce di questi ultimi fatti, appare quindi evidente la necessità di norme per la regolamentazione dell’attività di promozione in campo farmaceutico, ovviamente laddove non siano già state poste limitazioni molto precise, come quelle del codice etico di Farmindustria.

Un esempio arriva dagli Stati Uniti (patria del lobbysmo) e, più precisamente dal Vermont, dove una legge del 2005 prevede l’obbligo da parte delle aziende farmaceutiche, di dichiarare nei particolari le proprie attività di promozione. Secondo questa legge, infatti, annualmente deve pervenire, presso l’ufficio del Procuratore Generale, una relazione che riporti il valore, la natura e lo scopo di ogni regalo, pagamento, sussidio o qualsiasi altro tipo di beneficio economico legato ad attività di marketing che l’azienda stessa, anche tramite i propri informatori, abbia consegnato a medici, farmacisti o a chiunque abbia la facoltà di prescrivere o dispensare farmaci. Infine è necessario indicare il nome e la qualifica di colui che riceve il “presente”. Sono esenti da “dichiarazione” i campioni gratuiti di farmaci per la distribuzione ai pazienti, i compensi per la partecipazione a trial clinici e i corsi ECM. Inoltre, non è obbligatorio dichiarare regali o pagamenti, se il loro valore è inferiore ai 25 dollari. Annualmente viene redatto un rapporto nel quale tutti i dati, a eccezione di quelli soggetti a segreto industriale, vengono resi pubblici.

Molte aziende farmaceutiche hanno pubblicato sul proprio sito la loro adesione alla legge e in alcuni casi hanno riportato in dettaglio le spese sostenute per i “regali” ai medici. Da un’indagine condotta dalla Marketech, compagnia specializzata nel training di specialisti del marketing, sui dati forniti via web da 83 aziende farmaceutiche, è emerso che la spesa media destinata a ogni medico è di 1561 dollari. In particolare, la cifra maggiore sarebbe destinata ai regali di tipo più professionale, come libri di testo o modelli anatomici (circa 230 dollari), seguita da materiale educativo (112 dollari) e da cene (114 dollari), pranzi (53 dollari) e colazioni (38 dollari). Di certo questa legge ha i suoi limiti e molti si sono già ingegnati ad aggirarla, tuttavia è un primo passo verso una più stretta regolamentazione della promozione farmaceutica.

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