Il personale di vendita assorbe il 75 per cento degli investimenti che le aziende farmaceutiche impegnano per le attività di marketing. Per questo motivo la categoria sta subendo pressioni sempre crescenti per confermare la convenienza della spesa. La parola d’ordine per gli informatori sanitari dovrà essere “flessibilità”. Un adeguato return of investment (ROI) sarà possibile se gli informatori saranno in grado di adeguarsi alle mutevoli condizioni del mercato farmaceutico oltre che ai cambiamenti in atto nella sanità pubblica.

L’informatore in affitto
Una parte degli informatori viene già oggi assunta con un contratto temporaneo, che consente di aggiungere elementi alla rete già normalmente impiegata sul campo, soltanto quando se ne presenti la necessità. Questo tipo di risorse umane viene addestrato e fornito da società esterne (Contract Sales Outsourcing Services CSOS) alle case farmaceutiche. Questa pratica è stata introdotta tra il finire degli anni 70 e l’inizio degli 80, in periodo in cui le aziende farmaceutiche introducevano sul mercato farmaci con una grandissima fortuna commerciale. Da qui nacque la necessità di impiegare un numero di informatori maggiore di quello che le stesse aziende avrebbero potuto formare in casa. La capacità di adattamento al mercato che le CSOs hanno dimostrato di possedere sta garantendo loro una nuova fonte di lavoro. In Gran Bretagna i recenti cambiamenti apportati al servizio sanitario pubblico (NHS) stanno dando a questo tipo di contratto un nuovo impulso. Ad esempio le difficoltà imposte al processo di vendita dal National Institute for Clinical Excellence (NICE) non danno la certezza di dover disporre di una certa quantità di personale fino a quando un dato prodotto non ne ottiene l’approvazione.

Pfizer e Takeda, scelte opposte
Chris Corbin managing director dell’Ashfield Healtcare, la seconda CSOS inglese per dimensioni, ha affermato che la capacità di adattamento è fondamentale per il successo della sua azienda. “I cambiamenti nell’Nhs – ha affermato – impongono grandi modifiche al lavoro delle aziende farmaceutiche e a noi di conseguenza”. Vista la situazione, poter disporre del lavoro delle CSOS è diventata un’esigenza primaria. Nella scorsa estate le decisioni contemporanee di due aziende hanno mostrato i due estremi nell’uso delle CSOS. Se da un lato, infatti, la Takeda ha sostituito l’intera rete degli informatori scientifici formati “in casa” con del personale assunto ad hoc in occasioni di esigenze contingenti, La Pfizer ha scelto di riqualificare il proprio personale in funzione delle mutate esigenze di mercato. Se il cambiamento, in futuro, sarà guidato da l’una o dall’altra corrente di pensiero dipenderà esclusivamente dalle esigenze che il mercato e in ultima analisi il singolo medico si aspetterà. Le CSOS stesse stanno tentando di evolversi. La loro offerta di servizi non si limita più alla sola finalizzazione del processo di vendita ma, sempre più spesso la sinergia si allarga fino alla collaborazione con l’azienda committente nello sviluppo e nella messa in pratica dei progetti commerciali.

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